Di chi è la colpa?
di Gesualdo Nasca, 28 Febbraio 2016, 17:37, in Vaticano
Giornali e telegiornali riportano brutte notizie (il Papa fa un breve elenco, «omicidi, incidenti, catastrofi», sicuramente breve), ma anche 2000 anni fa, senza televisori e senza giornali, certi avvenimenti facevano discutere: «Nel brano evangelico di oggi», ricorda il Papa, prima dell’Angelus, «Gesù accenna a due fatti tragici che a quel tempo avevano suscitato molto scalpore: una repressione cruenta compiuta dai soldati romani all’interno del tempio; e il crollo della torre di Siloe, a Gerusalemme, che aveva causato diciotto vittime».
Indubbiamente, certi avvenimenti suscitano scalpore, indubbiamente, giornali e telegiornali riportano brutte notizie (brutte e anche nocive), ma stavolta l’attenzione del Papa è rivolta, soprattutto, ai fruitori di tali notizie: «Gesù conosce la mentalità superstiziosa dei suoi ascoltatori e sa che essi interpretano quel tipo di avvenimenti in modo sbagliato. Infatti pensano che, se quegli uomini sono morti così crudelmente, è segno che Dio li ha castigati per qualche colpa grave che avevano commesso; come dire: “se lo meritavano”. E invece il fatto di essere stati risparmiati dalla disgrazia equivaleva a sentirsi “a posto”».
È un’interpretazione sbagliata: «Dio non permette le tragedie per punire le colpe», spiega Francesco. «Piuttosto, Egli invita a ricavare da questi fatti dolorosi un ammonimento che riguarda tutti, perché tutti siamo peccatori; dice infatti a coloro che lo avevano interpellato: “Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”».
«Anche oggi», conclude il Papa, «di fronte a certe disgrazie e ad eventi luttuosi, può venirci la tentazione di “scaricare” la responsabilità sulle vittime, o addirittura su Dio stesso. Ma il Vangelo ci invita a riflettere: che idea di Dio ci siamo fatti?».
Gesù «ci chiama a cambiare il cuore, a fare una radicale inversione», ad abbandonare «i compromessi con il male – e questo lo facciamo tutti, i compromessi con il male, le ipocrisie – io credo che quasi tutti ne abbiamo almeno un pezzetto di ipocrisia», aggiunge Francesco. «Ma ecco di nuovo la tentazione di giustificarci: “Ma da che cosa dovremmo convertirci? Non siamo tutto sommato brava gente?”. Quante volte abbiamo pensato questo: “Ma, tutto sommato io sono uno bravo, sono una brava – non è così? – non siamo dei credenti, anche abbastanza praticanti?”. E noi crediamo che così siamo giustificati».
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